Future Fantastic

Friday, January 21st, 2011 | Author:
Copertina di Robot Vision

Copertina di Robot Vision

Il 14 Gennaio dello scorso anno, scrissi il post “Our Intelligent Tools“, per parlare di un articolo interessante che avevo letto in quei giorni (il super computer di IBM Dawn Blue Gene/P supercomputer composto da 147,456 CPU e con una memoria ram di circa 144 terabyte) che si collegava bene con un saggio di Asimov dall’omonimo titolo (tratto dall’antologia “Isaac Asimov – Robot Visions”  pubblicata in Italia dalla casa editrice “Il Saggiatore” sotto il titolo Visioni di Robot). Sempre in quell’occasione dissi che avevo letto anche un altro saggio di Asimov che aveva attirato la mia attenzione: “Future Fantastic” (Futuro Fantastico) soprattutto a  causa del mio lavoro e quindi per l’iterazione continua che ho con gli studenti. Questo post (dopo un anno… lo so, sono vergognoso) è proprio per parlare di quel saggio.

In questo saggio Asimov si concentra sull’utilizzo della tecnologia e dei sui benefici nell’ambito dell’istruzione e del lavoro; senza tralasciare l’idea del Villaggio Globale con una sola lingua e senza limitazioni di frontiere. Asimov in questo saggio è ottimista, crede che una cultura ed una informazione largamente distribuita e facile da reperire porterà l’uomo ad un nuovo rinascimento, dove alleviato dai lavori pesanti dai Robot potrà dedicarsi maggiormente alla cultura e al condividerla con gli altri.

Naturalmente questo discorso mi interessa molto, non fosse altro perché ormai sono quasi 6 anni che lavoro nell’ambito accademico e quindi, in un qualche modo, sto vivendo parte di ciò che Asimov prevedeva. Ma non tutto quello che vedo mi piace. Prima di proseguire, è necessario fare una piccola premessa: la mia esperienza deriva da quello che vedo nell’università dove lavoro e in ambienti simili di altre università con cui si collabora (tutte con indirizzo tecnologico); quindi potrebbe essere che quanto sto per scrivere si applichi solo a queste realtà… ma non ne sono così sicuro.

La visione di Asimov è certamente condivisibile in linea di principio, ma nella sua attuale incarnazione (almeno in Italia, ma non mi sembra che le cose stiano andando meglio all’estero) sta provocando un abbassamento della qualità generale dell’istruzione. In un qualche modo sembra che valga un adattamento della famosa equazione citata dal Prof. John Keating nell’Attimo Fuggente (originariamente indirizzata alle opere poetiche): “If the poem’s score for perfection is plotted along the horizontal of a graph, and its importance is plotted on the vertical, then calculating the total area of the poem yields the measure of its greatness“. Nel nostro caso la rifraserei in questo modo: “se la qualità dell’istruzione è disegnata lungo l’asse orizzontale di un grafico, mentre la facilità di accedervi è disegnata su quello verticale, allora il livello di cultura di una società è pari all’area totale di questo rettangolo”; naturalmente serve anche un corollario: “all’interno di una stessa società l’area di questo grafico è una costante“. Tralasciando la citazione ad effetto, cerchiamo di vedere assieme quello che si è realmente realizzato di quanto predetto da Asimov e di vedere, anche, perché il risultato non è stato quello atteso.

Il passaggio cardine di Asimov in questo saggio (per quanto mi riguarda) è che il miglioramento della tecnologia avrebbe portato ad una più facile ed immediata fruizione dell’informazione e che questo, come un effetto valanga, avrebbe permesso di istruire in modo più completo ed equilibrato le nuove generazioni. La sua idea era che un’informazione globale avrebbe permesso a chiunque di accedervi e quindi di reperire/studiare/imparare quelle conoscenze che ai suoi tempi riteneva destinate solo ad una minoranza. Certamente Asimov ha avuto ragione quando diceva che nel futuro dell’umanità l’informazione sarebbe diventata alla portata di tutti: Internet, soprattutto da quando è “nato” il Web 2.0 😉 , ne è l’esempio più eclatante. Internet è la patria dell’informazione  e della libertà della stessa: basti pensare ai milioni di Blog dove ognuno può dire la sua opinione su qualsiasi cosa o agli altrettanto numerosi Wiki, ormai più consultati delle tradizionali enciclopedie. Forse l’errore di Asimov è stato nel non prevedere che questo aumento della capacità di condivisione dell’informazione e della cultura sarebbe stato esponenziale e (soprattutto) senza mantenere un livello minimo di qualità garantita: nel marasma di questa informazione globale c’è spazio sia per esempi di altissima qualità (come le videolezioni online del MIT) che di infima. Naturalmente, riuscire a decidere quali fonti meritino e quali non in modo critico non è facile: serve tempo (a causa della loro quantità) e serve, soprattutto, una cultura di base che permetta di comprendere se quello che stanno raccontando sono cavolate oppure no.

Quello che noto io, è che le nuove leve tendono a sfruttare in tranquillità l’informazione presente sul web, ma molto spesso in modo acritico. Vediamo alcuni esempi emblematici che mi sono capitati negli ultimi anni:

  • un tesista che si è presentato con un capito con gli accenti tutti sbagliati (perchè al posto di perché, per intenderci), ma non in tutta la tesi, solo in un capitolo. Indagando è saltato fuori che l’aveva copiato brutalmente (senza neppure rileggerlo) da materiale trovato in internet;
  • uno studente che ha mandato una relazione per un progetto di un esame, stranamente scritta in inglese… un inglese anche mediamente buono. Mentre gli la guardavo ho scoperto che ogni frase era presa da Internet da fonti diverse tra di loro (wiki, articli, tesi, etc.);
  • durante un corso di 30 ore che stavo tenendo presso una classe 5 di Ragioneria Programmatori, avevo dato da fare una “mini” ricerca su JavaME (5/6 slide). Mentre un gruppo presentava, noto che sulle slide c’è scritto che “la tecnologia JavaME è previsto che raggiungerà la sua massima espansione nel 2004” (potrei sbagliarmi sulla data… non ricordo bene)… peccato che eravamo nel 2009.

Questi sono solo alcuni esempi: ogni mio collega ne ha molti che potrebbe raccontare. Presi uno per uno, fanno sorridere, ma essendo un pattern che si ripete devono anche far riflettere.

Non è tutta colpa loro, naturalmente. Il vero problema è nelle scuole primarie e secondarie: mi capita troppo spesso, ogni volta che capito in una biblioteca, di vedere studenti delle medie e delle superiori che per fare una qualsiasi ricerca seguono in modo preciso la seguente procedura:

  1. apro il browser;
  2. cerco su Wikipedia quello che mi interessa;
  3. copio;
  4. apro Word;
  5. incollo;
  6. formatto in modo carino;
  7. aggiungo qualche foto;
  8. stampo

e la ricerca è finita. Senza rileggere, senza riassumere, senza capire. Il vero problema non sono gli studenti che è naturale che scelgano la strada più semplice, il vero problema sono quegli insegnanti e professori che accettano questo modo di fare perché tanto ormai è la prassi e in più, aggiungo io, se la stampano è più facile da leggere. Naturalmente e per fortuna non tutti gli insegnanti e professori sono così… ma come si sa è più facile acquisire le cattive abitudini che le buone 😉 . Forse alcuni mi considereranno pedante, ma credo che il lavoro amanuense a cui molti di noi lettori sono stati sottoposti da ragazzini porti alcuni vantaggi a lungo termine: primo fra tutti la capacità di leggere, comprendere e riassumere. Capacità che vedo sempre più affievolirsi in ogni nuova generazione…

Il post (in realtà più polemico di quello che avevo in mente) è finito 🙂 . Vi ricordo che i vostri commenti sono sempre ben accetti 🙂

P.S. se siete interessati ad un ulteriore approfondimento sull’argomento: vi rimando al post “Asimov, umanità e informazione: qualche considerazione” sul blog JP’s Web Place. Ve ne consiglio caldamente la lettura 😉 .

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  1. u says:

    Quello che Asimov non poteva prevedere (forse) era che anche la quantità di informazioni/versioni disponibili sarebbe aumentata in modo esponenziale. Avendo a disposizione un’ampia scelta di opzioni (fonti) ogni consumatore di informazioni si trova nella situazione di aver bisogno di strumenti per effettuare una scelta. Se gli strumenti hanno un alto costo di acquisizione (come spesso capita quando sono strumenti culturali, che possono essere acquisiti solo con tempo+fatica+?) si trova nella stessa condizione dell’ acquirente di bottiglie di acqua minerale. Quale compro? Ce ne sono centinaia, per me è solo acqua e quelle tabelle con dati incomprensibili non le so interpretare, quindi scelgo in base a prezzo e pubblicità. E se il prezzo è zero o non è un fattore rilevante?
    Wikipedia la conoscono tutti, la usano tutti ed è comoda, non serve chiedersi altro.

    Scherzi a parte, riguardo agli esempi sopra secondo me andrà sempre peggio, e sarà sempre più netta la distinzione tra chi non sa usare internet nel modo corretto e chi almeno ogni tanto è in grado di sfruttare l’immensa mole di informazioni disponibili per trarne vantaggi concreti (in diversi ambiti). Nei tuoi studenti non hai notato anche che lo span di attenzione è sempre più ridotto?

    Nota: Ti avevo già consigliato Daemon e Freedom di Daniel Suarez? Belli entrambi.

  2. Eros Pedrini says:

    Ciao 🙂
    Si concordo pienamente con te… e sono sincero questa cosa un po’ di paura me la fa… anche sul livello di attenzione ti do ragione: la capacità di rimanere concentrati su qualcosa sembra scendere drasticamente molto più velocemente che in passato. Probabilmente (IMHO) uno dei motivi risiede nel fatto che ormai si è troppo abituati al concetto di “tutto & subito” e quindi se qualcosa occupa più di tot minuti i ragazzi tendono a stancarsi… (fra parentesi non credo molto invece nell’idea delle nuove generazioni multitasking 😉 ).

    Per i suggerimenti di lettura segnati 🙂 appena avrò tempo li recupero e li leggo 🙂

  3. u says:

    Già, diversi studi hanno dimostrato che la percezione degli studenti di riuscire a rendere di più grazie al multitasking è completamente sbagliata (giusto perchè sono pessimi a fare il mutitasking, l’overhead dello switching è troppo alto).

    Bel documentario della PBS che parla tra le altre cose anche di questo, capitolo 2:
    http://www.pbs.org/wgbh/pages/frontline/digitalnation/view/

    What’s It Doing to Their Brains?
    Tests given Stanford multitaskers yield troubling discoveries. Other research into Net use and the brain raises more questions.

  4. Luca says:

    Condivido con te che attualmente siamo immersi in un eccesso di informazione.
    Durante un installation party mi sono trovato a parlare di internet con un medico e ho esordito con qualcosa del genere
    “vi invidio perchè avete accesso a database di notizie controllate e sicure nel vostro mondo al contrario di quello che si trova in giro nella rete…”
    e la sua risposta più o meno fu
    “a dire il vero neppure quelle informazioni sono certe, le pubblicazioni le fanno le case farmaceutiche come pure loro definiscono protocolli e campioni statistici e… più delle volte le ricerche sono finalizzate a dare ragione al loro prodotto e se non lo sono.. vengono corrette”
    Sarebbe bello poter conoscere e poter approfondire qualsiasi cosa ci viene in mente ma non tutto è accessibile, disponibile o rintracciabile.
    Oltretutto, da vecchio dinosauro, fatico molto a concentrarmi su testi elettronici. Alla fine, per la mia mente, la vecchia carta stampata e gli appunti rendono ancora di più.

  5. Eros Pedrini says:

    @Luca: Visto che ci sei riuscito? 🙂 Comunque, non dirlo in giro, anche io preferisco la lettura su carta 🙂

  6. u says:

    Carta? Intendente quella roba che si usava prima del Kindle che non ha i bottoni laterali? 😉

  7. Eros Pedrini says:

    @u: esatto e che ti può taglia in modo lancinante e doloroso… ok, lo ammetto… è un “oggetto” pericoloso 😉

  8. jp says:

    Troppo gentile: come ho scritto su Meemi, questo tuo post mi piaceva moltissimo ed il commento che avevo preparato era diventato troppo lungo, da cui il post-risposta. Per cui non mi dilungo ancora. ^^’

    Ciau & grazie! 😀

    JP

  9. Eros Pedrini says:

    @JP: è un mio piacere avere un link al tuo post 😉

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